04 marzo 2019
04 marzo 2019

Zaccheroni: “il mio calcio”

Dall’Asia alla Var, passando per Udine

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“Zac”, basta questo per far capire di chi stiamo parlando. 

É stato il nostro leggendario Mister della prima qualificazione europea e ieri era ospite nella Club House della Dacia Arena. Zaccheroni ci ha parlato della sua recente esperienza con la Nazionale degli Emirati Arabi Uniti, passando per il calcio europeo e i futuri Mondiali in Qatar. 

Mister, c’è tanto lavoro da fare in un Paese che si sta evolvendo ma al contempo difficile da gestire.

«Alla mia età è giusto trovare qualche avventura o esperienza che stimola. Gli Emirati li affrontai quando allenavo il Giappone, è un Paese che aveva già fatto bene come nazionale giovanile, quindi quando mi hanno proposto di andare lì nel 2017 ho accettato subito perché il progetto mi intrigava molto. Il calcio asiatico in generale è molto stimolante.

Una curiosità sulla gestione dei calciatori: in Europa per un calciatore c’è la voglia di arrivare per ragioni economiche oltre che sportive. Lì che c’è maggiore agiatezza questo stimolo viene forse a mancare, è un vantaggio oppure no?

«La qualità della vita in effetti a Dubai è di alto livello quindi se un giovane gioca a calcio lo fa perché gli piace giocare, pertanto non c’è l’ambizione di giocare ad alti livelli, perché lì guadagnano cifre che in Europa non guadagnerebbero mai e la qualità della vita che poi viene messa a disposizione dei giocatori difficilmente viene concessa loro in Europa. Quando non ci sono grandi motivazioni diventa difficile, sta all’allenatore capire la loro mentalità e la loro cultura per poi guardare le caratteristiche dei giocatori. Oggi il calcio è cambiato molto nell’aspetto della fisicità e intensità, ma lì a causa del caldo questi aspetti non possono ovviamente essere fomentati».

A quelle latitudini quanto è seguito il calcio europeo?

«Il maggior seguito ce l’hanno la Bundesliga e la Premier, un po’ meno la serie A, ma è comunque seguita».

Presto si giocherà un campionato del mondo in Qatar. C’è già una base organizzativa?

«Lì si giocherà in gennaio perché in luglio e agosto è assolutamente improponibile, in quel periodo la temperatura si aggira sui 45-50 gradi, mentre in inverno siamo sui 25 gradi. In Qatar le partite si giocheranno a Doha, a meno che non costruiscano qualche stadio nel deserto, perché Doha è l’unica città del Qatar. Per la coppa d’Asia l’organizzazione è stata un po’ approssimativa perciò credo che per il mondiale non gli consentiranno, per esempio, di inserire quattro squadre nello stesso albergo».

C’è la possibilità che da quel calcio possa arrivare qualche giocatore anche in Europa?

«Quello degli Emirati non è un campionato semplice perché avendo quei Paesi una qualità della vita molto alta, tanti giocatori europei, come sappiamo, a fine carriera sono andati lì e in questo modo hanno fatto crescere il livello generale del calcio locale. Allo stato attuale credo ci siano 4 o 5 prospetti che potrebbero fare bene anche in Europa».

Com’è stata la sua esperienza con il calcio cinese?

«Non buona. La cultura cinese è troppo diversa dalla nostra, hanno fatto grandi investimenti per aumentare il livello calcistico, ma i risultati ottenuti finora sono stati scarsi. L’organizzazione stessa è approssimativa e l’approccio sul calcio è impostato solo sul denaro».

Cosa farà Alberto Zaccheroni nel futuro prossimo?

«Mi godo la mia Cesenatico ma già so che dopo l’estate tornerò ad avere nostalgia del calcio. Sono sempre preso dalle sfide perciò credo che non rimarrò con le mani in mano e valuterò le proposte che mi verranno fatte».

Una parola sulla Nazionale italiana.

Abbiamo deluso molto, toccando il fondo con la mancata partecipazione al Mondiale e quindi abbiamo dovuto ripartire dalle basi. La squadra è stata affidata a Mancini che ha esperienza ed è molto sostenuto dai media, soprattutto in questa fase iniziale. L’ambiente aveva bisogno di serenità e lui è riuscito a portarla. Ha cambiato la Nazionale, i talenti però noi in Italia li abbiamo e non ha ragione chi sostiene il contrario. Il calcio italiano dovrebbe azzardare di più per lanciare i giovani perché io sostengo che la faccia pulita dei giovani “pulisce l’aria”.

Che idea si è fatto sulle polemiche arbitrali che nemmeno il Var è riuscito a placare?

«Sul Var io dico semplicemente “meno male che c’è”. È uno strumento non ancora perfetto perché la visione sullo schermo è soggettiva, però adesso c’è la possibilità di far vedere l’immagine del fallo a tutti e permette agli arbitri di sbagliare meno, però gli errori si commetteranno sempre, li accettavamo prima, figuriamoci adesso. Almeno gli errori più grossolani però non passano più».

Il fatto che la Juve non stia disputando un campionato competitivo crede possa essere un problema in ambito internazionale?

«Non credo perché il campionato italiano rimane molto interessante dal punto di vista tecnico. Non c’è una partita uguale alle altre e questa è una caratteristica che manca agli altri campionati europei».

Un giudizio sulla bagarre riguardante la zona Champions.

«Il Napoli sa di non poter raggiungere la Juventus e al contempo è cosciente di essere in una zona di sicurezza sulle inseguitrici. Questa situazione in certi momenti credo lo possa danneggiare. Il Milan di Gattuso mi sta sorprendendo, sta facendo giocare la squadra con coraggio, prende pochi gol, anche se ne fa pochi».

Chiudiamo con l’Udinese: lei che è stato l’allenatore della prima qualificazione europea, come giudica il momento della squadra che sappiamo le sta particolarmente a cuore.

«Udine è una piazza particolare che va capita. Io cerco di vederla dal punto di vista dei giocatori e secondo me a volte su di loro a Udine c’è poca pressione, perché il pubblico è molto educato e i giornali nazionali parlano poco dell’Udinese. Perciò credo che la tensione su di loro dovrebbe essere più costante e non concentrata solamente nei momenti precedenti alla partita o dopo una sconfitta, per questo serve un allenatore che capisca la piazza, i media e che sappia intervenire a piccole dosi nella testa dei giocatori nel corso della settimana. A Udine insomma serve un allenatore che lavori individualmente sui giocatori, in modo da farli crescere, perché se crescono loro lo fa anche la squadra. Si sta troppo bene a Udine, ma la pressione non va messa quando si perde bensì quando si vince».