30 April 2019
30 April 2019

Atalanta-Udinese a mente fredda

Il match report della partita

Interpellato alla vigilia della partita contro l’Atalanta, in merito al lavoro svolto in settimana dai nostri uomini, mister Tudor si era espresso lasciando poco spazio a interpretazioni di strascico: «ho puntato molto sull’intensità per avere una maggior compattezza e maggiore possesso palla, spero che in campo si riuscirà a vedere qualcosa di interessante», aveva spiegato il tecnico, prima di concludere spiegando ai vari addetti ai lavori che, in fin dei conti, «il risultato finale sarebbe dipeso da tante altre cose».
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Come gli episodi, per citare un esempio. Non che l’Atalanta di Gian Piero Gasperini, oramai brevettata per sognare in grande, che intravede un posto in Champions all’orizzonte, abbia avuto dei demeriti nel posticipo di ieri sera. Ma di certo non ne abbiamo avuti neanche noi. E difatto fin dalle prime battute di gioco abbiamo congestionato il giro palla orobico attraverso un pressing alto, sistematico ed insistente su ogni portatore di palla. Loro hanno cercato di sviluppare una manovra fitta, impostata sugli scambi corti e la ricerca dell’ampiezza, con gli esterni sempre pronti a scambiarsi di posizione con le mezz’ali. Noi, d’altro canto, come richiesto dal mister: «ci siamo messi in campo come se fossimo undici difensori, tutti compatti e aggressivi, ma pronti a sfruttare le ripartenze». E così è stato, in effetti, perché dopo un approccio iniziale decisamente difensivista e contenitivo abbiamo iniziato a guadagnare metri di campo. Abbiamo iniziato a macinare gioco e ci abbiamo messo SEMPRE la gamba. Tranne Musso che, ovviamente, ci ha messo i guantoni. Ed ha neutralizzato dapprima Gosens, e poi una terrificante volée di De Roon. I ritmi sono stati piuttosto vivaci, tanto quanto i corpo a corpo ingaggiati da Duván e De Maio, e dopo qualche grattacapo iniziale siamo riusciti a renderci insidiosi anche dalle parti di Gollini. Sandro ci ha provato dal limite, forse mettendo troppa precisione dove sarebbe servita maggior potenza, e poi Lasagna ha sfiorato l’euro-gol sull’eclissarsi della prima frazione con un lob che si è spento a fil di palo. Il secondo tempo si è sviluppato sulla falsa riga del primo: l’Atalanta incalzante nel muovere la sfera, nonostante la pesantezza nelle gambe per la recente semifinale di Coppa Italia, e noi sempre pronti a recuperare il pallino del gioco per catapultarci in attacco. A una ventina di minuti dal termine intervengono quelle «altre cose» di cui parlava Tudor: De Paul colpisce un palo clamoroso e rimanda l’appuntamento con la doppia cifra, poi Masiello a dieci dalla fine procura un calcio di rigore ai suoi. Non che si possa negare il contatto tra il piede del difensore orobico e quello di Sandro, ma per certi versi la caduta del nerazzurro sembra più proattiva e meditata che naturale. L’Atalanta la sblocca con De Roon dagli undici metri e poi trova il raddoppio con Pašalić.
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Al triplice fischio c’è onestamente poco da rimproverarsi: sia per gli episodi, sia per la grinta messa in campo dai nostri. Per ottanta minuti siamo riusciti a tenere testa ad una squadra ambiziosa, compatta e rigorosamente scientifica. Che non a caso ha raggiunto la finale di Coppa Italia e sta battagliando per un posto nella prossima Champions. Stiamo dimostrando di essere all’altezza dell’obiettivo stagionale che perseguiamo, e lo stiamo facendo senza dare nulla per scontato. Nel gioco come nell’approccio. La strada è ancora lunga e le insidie sono ancora numerose, ma come ribadito da mister Tudor: «bisogna sempre dare il cento per cento per riuscire a fare bene, questo vale per ogni allenamento e ogni partita». Ripartiamo da quanto di buono abbiamo dimostrato ieri, per giungere al nostro traguardo.
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La partita in pillole
 
Il match andato in scena ieri sera a Bergamo, valevole per il posticipo della trentaquattresima giornata di campionato, è lo scontro diretto numero 70 della storia tra Atalanta e Udinese in Serie A, col ruolino di marcia complessivo e aggiornato che ci vede condurre con 27 successi, al netto dei 20 degli orobici e di 23 pareggi. Il secondo gol stagionale di De Roon e il quarto di Pašalić permettono alla compagine nerazzurra di agguantare il quarto posto in solitaria, di inanellare il nono risultato utile consecutivo e di imporsi come il miglior attacco del campionato a quota 68 reti, al pari della Juventus. Contro una squadra tanto sognatrice e in egual misura scientifica l’approccio dei nostri si è rivelato fin da subito efficace e dinamico. Noi abbiamo costruito 5 occasioni da gol, tra cui anche un palo colpito da De Paul, e loro 15. La maggior parte della mole di gioco si è sviluppata nella fascia centrale del campo e nella nostra metà (39% a testa) ma non per questo abbiamo peccato in fase di costruzione e in qualità di palleggio. In tal senso il primo giropalla è stato affidato principalmente ai piedi di Stryger Larsen, sul centrodestra: il danese ha gestito il 3.8% del nostro possesso (37%), rispetto al 2.6% del compagno di reparto Samir, e di fatto, non a caso, il 42% delle nostre azioni si sono sviluppate lungo la fascia destra. Su quest’ultima ha agito Marco D’Alessandro, che pur avendo maggiori licenze offensive rispetto al suo riflettente compagno Zeegelaar, sulla cui fascia hanno preso piede il 36% delle nostre occasioni, è stato quanto mai prezioso nella doppia fase con 5 contrasti vinti e 5 intercettazioni. La transizione offensiva è iniziata per vie centrali con Mandragora (4.1%) e Sandro (3.9%), field leader a pari merito in termini di passaggi completati (29) e incaricati da Igor Tudor di cercare sulla verticale il tandem argentino De Paul-Pussetto. Il primo ha svolto la solita funzione di catalizzatore di palloni, risultando field leader in quanto a mole di gioco gestita (4.7%) e tocchi (62), aggiungendo poi 24 fraseggi completati, tra cui due key passes, 2 contrasti vinti su 3 effettuati e una percentuale del 100% nei dribbling riusciti: un’ottima prestazione individuale alla quale, purtroppo, è mancato l’appuntamento con la prima volta in doppia cifra, a causa del palo colpito a una ventina di minuti dal termine. Tutt’altro discorso per Nacho, invece, che ha svolto la solita prestazione farcita di generosità e sacrificio. L’ex Huracán spicca soprattutto per i duelli aerei vinti (4), a pari merito con De Maio. Proprio in ottica difensiva spicca anche la prestazione di Sandro, che oltre al ruolo nevralgico in fase d’impostazione ha completato 6 contrasti su 7 effettuati e altrettante intercettazioni. Peccato davvero per il risultato. La mentalità e l’impegno dell’Udinese meritavano maggior fortuna.