22 marzo 2018
22 marzo 2018

Gian Carlo Caselli: un giudice e la storia d’Italia

Presente questo pomeriggio in Club House il magistrato piemontese che ha saputo opporsi alle BR e alla mafia

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L’Auditorium della Dacia Arena, gremito in ogni ordine di posto, ha accolto nel tardo pomeriggio di oggi un ospite d’eccezione, il giudice Gian Carlo Caselli. Il magistrato, intervistato nell’occasione dal giornalista Mauro Mazza, ha ripercorso le tappe della sua carriera in magistratura che ha percorso su un binario parallelo alla storia della Repubblica italiana degli ultimi 45 anni. 

L’occasione della sua presenza nella nostra Dacia Arena è stata la presentazione del libro redatto a quattro mani assieme a Guido Lo Forte “la verità sul Caso Andreotti”, scritto con l’intenzione di ripercorrere alcuni momenti cardine della lotta alla mafia, nella fattispecie il processo a carico del sette volte presidente del consiglio Giulio Andreotti. L’assoluzione del politico per prescrizione, che agli occhi dell’opinione pubblica ha fatto apparire la sentenza del processo quale assoluzione piena, in realtà cela al suo interno «un elenco di vicende strettamente legate a doppio filo ad Andreotti e ad altrettanti fatti di particolare gravità riguardanti l’omicidio di Pier Santi Mattarella», fratello dell’attuale presidente della Repubblica e all’epoca presidente della Regione Sicilia. Questa assoluzione per «motivi di prescrizione – così come li definisce lo stesso Casellisi sono trasformati in premessa per la manipolazione della verità sulla sentenza del processo ad un Andreotti che perfino in Cassazione fu definito colpevole del reato di partecipazione all’associazione a delinquere di stampo mafioso, reato però estinto a causa dell’entrata in prescrizione dello stesso». 

Lo stesso Caselli ha ripercorso assieme a Paolo Mazza anche il periodo degli anni di piombo, vissuti nella sua Torino in qualità di magistrato che per primo osò combattere i brigatisti. «L’errore più grande commesso all’epoca dall’opinione pubblica – sono ancora parole di Gian Carlo Casellifu quello di definire i brigatisti “compagni che sbagliano” fattore questo che contribuì a creare un’iniziale clima di incertezza e di mistificazione che rinfocolava la linfa della loro struttura sobillatrice della stabilità democratica».

Il giudice ha concluso il suo intervento ricordando la sua innata passione per il calcio e in particolare per il Torino, squadra del cuore che non ha smesso di tifare nemmeno nei periodi più difficili della sua vita, vissuta sotto scorta da ormai 40 anni.

Al termine dell’incontro, durato quasi due ore, la sala ha omaggiato lo stesso Caselli ma anche i magistrati Falcone e Borsellino (suoi predecessori al Tribunale di Palermo nella lotta alla mafia) di un lungo e caloroso applauso.


[Foto: Matteo Favi Immagini]