13 agosto 2019
13 agosto 2019

Il ritratto agonistico del nostro nuovo giocatore

Walace Souza Silva, centrocampista per vocazione

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L’essenza del «faz-tudo» e la passione unita al sacrificio Walace Souza Silva le ha comprese ben presto. Sin da quando era un bambino che si dispensava tra le strade della sua Salvador, dove dava una mano nel periodo del carnevale, trasportando pesanti attrezzature, e il ristorante di mamma Aline, tra i più apprezzati di tutto il barrio uruguai. Nel locale di famiglia, il ragazzone di Massaranduba, ha imparato a esser duttile: iniziava servendo ai tavoli, poi lavava i piatti e, a fine giornata, spazzava i pavimenti, sempre vagheggiando il futebol insieme ai compagni di squadra del Simões Filho e, magari, perché no, un incontro con l’idolo della zona, Leandro Bonfim, ex São Paulo e Porto. La traiettoria di Walace si compone di fede e fato, parte dal basso per tracciare una rotta ascendente. Dalle prime esperienze a Mina Gerais e Maceió, a sud di Recife, sempre sostenuto dal compagno della madre, anche lui con dei trascorsi calcistici alle spalle, fino alla prima svolta, giunta nel 2011, quando in occasione della Copa 2 de julho Sub-17 riuscì a catturare le attenzioni degli osservatori dell’Avaí. A Santa Catarina il ragazzo affronta la prima esperienza lontano dalla famiglia, durata tre anni ma, a dispetto delle grandi impressioni lasciate in eredità durante la prima stagione, quella successiva si rivela oltremodo intricata. Il suo allenatore del tempo, infatti, con l’arrivo di un nuovo centrocampista gli chiede di giocare da centrale di difesa, per sfruttare la sue notevoli qualità tecniche e atletiche. Walace si rifiuta e viene mandato in prestito alle giovanili del Bahia. Nella squadra della sua città non gli và tanto meglio perché nemmeno il suo nuovo tecnico sembra in grado di cucirgli addosso il giusto abito in mezzo al campo e, anzi, lo invita a riflettere sul suo futuro. Parole dure, amare e taglienti, che tuttavia non fanno perdere d’animo il nostro nuovo giocatore. Walace torna all’Avaí, in attesa di un segno, di un’opportunità. Occasione che matura quando la Sub-19 lo convoca per prendere parte alla Copa Santiago: la svolta, definitiva. Proprio in occasione del celebre torneo giovanile, di scena a Rio Grande do Sul, il ragazzo và in gol su punizione alla partita di debutto, contro il Grêmio. In teoria “solamente” un gran bel gesto tecnico, in pratica la variante che spezza ogni schema preordinato. Al fischio finale il dt del «Tricolor Gaúcho», James Freitas, và dritto negli spogliatoi, per chiamare al volo il presidente Fábio Koff e il coordinatore delle giovanili Júnior Chávare, che in quattro e quattr’otto allestiscono uno scambio alla pari con l’Avaí: Walace a Porto Alegre, l’esperto Marquinhos Santos sulla rotta opposta, a Santa Catarina.
L’approdo nelle giovanili del Grêmio per il ragazzo rappresenta non solo il raggiungimento di un traguardo a lungo ambito e accarezzato, ma anche la porta per qualcosa di più grande. Nel giro di un anno infatti Enderson Moreira gli concede una decina di minuti in Série A, contro l’Atlético Mineiro. Ma è con un certo Luiz Felipe Scolari in panchina che la carriera del centrocampista baiano spicca definitivamente il volo. Del resto Felipão, l’uomo che nel ’95 – anno di nascita del nostro novello mediano – ha portato nella bacheca trofei del Grêmio la seconda Copa Libertadores della storia del club, è sempre stato abituato a perseguire fino in fondo ognuna delle sue idee, con piene licenze decisionali. Nessuna eccezione, ad esempio, nella scelta di lanciare Walace nella mischia, ad appena vent’anni, nel sentitissimo Clàssico con l’Internacional. In quel pomeriggio del 10 agosto 2014, davanti ai sessantamila del Beira-Rio, il talento di Massaranduba pone la pietra miliare delle sue 115 presenze con il «Tricolor Gaúcho». Quattro delle quali in Libertadores, dov’è riesce anche a segnare durante la fase a gironi dell’anno seguente. Al Grêmio, nel passaggio dalla gestione Scolari a quella di Machado, e da quella di Machado a quella di Portaluppi, più che la sostanza muta la natura del nostro giocatore. i due eredi di Felipão, di fatto, lavorano su Walace come mezz’ala per dargli un imprinting più offensivo. L'obiettivo è di di plasmare un centrocampista a tutto tondo e più completo possibile dal punto di vista tattico. Le ottime prestazioni, in tre anni di Grêmio, valgono al ragazzo di Salvador anche le chiamate della «Seleçao». Prima, nel 2015, quando Alexandre Gallo lo convoca per il Campeonato Sudamericano Sub-20 schierandolo titolare fisso per cinque partite, poi da Carlos Dunga, per la Copa América Centenario e altre quattro amichevoli internazionali, e infine da Rogério Micale, per i Giochi Olimpici di Rio, nei quali Walace e compagni vincono la medaglia d’oro. Il brasiliano in questi ultimi due anni e mezzo gioca in Bundesliga: prima con l’Amburgo, che lo acquista per 10 milioni proprio sul gong del mercato di gennaio nel 2017 e poi con l’Hannover.
L’indole del factotum: la capacità primordiale di Walace, di agire da frangiflutti davanti alla difesa, è stata completata, soprattutto nell’ultimo anno di Grêmio, da un’evoluzione che ha portato in dote al brasiliano un imprinting certamente più offensivo, volto a creare un centrocampista a tutto tondo. L’uomo che, per natura, spacca la manovra avversaria e che, qualche volta, si prende la licenza di dare il via alla transizione offensiva della squadra. Walace è un volante do cinco, come li chiamano in Brasile: un mediano puro, che può comunque giocare da interno e, in caso di necessità, anche da trequartista. Nella scorsa Bundesliga è stato schierato come vertice basso del centrocampo in 24 occasioni di 28 totali: dati che, considerando le tre stagioni con il Grêmio e l’esperienza con l’Amburgo, si estendono a 106 partite su 139 complessive, ad oggi. Numeri che indicano tanto dell’attenzione difensiva del brasiliano ma che non devono ingannare. Ambidestro di piede, infatti, Walace rende bene nella fase d’impostazione quasi quanto in quella di rottura: 55.8 tocchi e 53 passaggi completati per partita, con una percentuale di precisione on target dell’85%, ben si accostano ai 6 contrasti e al 58.8% di duelli aerei vinti. Pur palesandosi poche volte sul versante offensivo Walace sa sfruttare molto bene le sue qualità atletiche (188 cm) e balistiche, tant’è che non disdegna le occasioni nelle quali avanzare il suo raggio operativo alla trequarti campo, in virtù di un buon tiro, potente e preciso, ma soprattutto di una grande visione periferica del gioco. La fame e la sua indole del faz-tudo saranno un’arma importante a disposizione di mister Tudor. Bem –vindo, Walace!